Logo design: istruzioni per l’uso

Alcuni degli aspetti da tenere in considerazione per la realizzazione di un logo.

Il logo è un elemento fondamentale della brand identity: è intorno a questo segno grafico che ruota tutta la comunicazione di un marchio. Ma dietro al design di un logo c’è molto più che sola creatività. Qui, infatti, si definisce l’identità di un’azienda, il suo asset valoriale e le caratteristiche che la differenziano dai competitor rendendola unica e perfettamente riconoscibile.

La parola logo deriva da logotipo (dal greco “logos”, parola, e “tipo” che vuol dire lettera). Come testimoniano le sue origini semantiche, il logo è un insieme di più elementi (forme, font, colori, parole) dietro cui si nascondono progettualità, creatività ma anche emotività e tecnica.

Il mondo contemporaneo ci sottopone a un sovraccarico di input visivi per cui spesso diamo per scontato gli effetti che i loghi hanno sulle nostre percezioni. Siamo così abituati a questo bombardamento da non accorgerci quanto un marchio influenzi le nostre scelte e i nostri acquisti o, comunque, l’idea che ci facciamo di un dato prodotto o servizio.

Abbiamo chiesto al nostro art director come si arriva alla realizzazione di un logo e quali sono gli aspetti più importanti da tenere in considerazione. Tra una chiacchiera e l’altra abbiamo anche scoperto com’è nato il logo di Studio Réclame.

Ciao Massimo. Qual è il primo step per iniziare a progettare un logo?

Allora, prima di tutto è necessario parlare e confrontarsi con il cliente, capire quali sono i valori del brand o le caratteristiche del prodotto in questione. Un buon grafico deve essere aperto, predisposto all’ascolto, disponibile al dialogo e al confronto. Non ci sono regole precostituite, non esiste giusto o sbagliato in senso assoluto: ogni brand è diverso e il modo migliore per comprenderlo ed entrare in sintonia è farselo raccontare da chi lo conosce davvero.

Non si deve prescindere, ovviamente, dall’analisi del mercato di riferimento e della concorrenza per capire il contesto in cui ci si muove e il posizionamento che vuole avere il brand al suo interno. Quali sono le caratteristiche comuni e quali, invece, gli elementi con cui ci si vuole distinguere e differenziare? Va da sé che è fondamentale guardare alla concorrenza anche per essere sicuri di creare qualcosa di originale e unico.

Insomma, prima di iniziare a disegnare c’è un momento di analisi e di confronto che è fondamentale per avere le idee chiare e darsi un filo logico da seguire.

Quali sono gli aspetti da tenere in considerazione?

Il logo è l’insieme di più elementi: non solo visivi come il segno grafico, i colori e il font, ma anche testuali come il naming e il pay-off. L’insieme di tutte queste cose deve essere coerente e comunicare con forza un concetto.

Ogni logo è diverso, ma ci sono pochi accorgimenti di base che è bene tenere sempre presenti: ad esempio, a livello cromatico, non utilizzare mai più di 3 colori per evitare l’effetto arcobaleno; nella scelta o progettazione del font, verificare che risulti perfettamente leggibile in ogni contesto (su schermo e su carta, in piccolo e in grande), perché potenzialmente infiniti sono gli utilizzi che ne verranno fatti; mai abusare di effetti speciali come ombre, riflessi, gradienti, ecc. che possano alterarne la leggibilità; pensare il logo in modo tale che possa risultare efficace anche in toni di grigio perché non è detto che non venga utilizzato anche in contesti monocromatici.

Uno dei compiti del designer è proprio quello di sintetizzare: eliminare il superfluo e concentrarsi su pochi elementi in grado di trasmettere la vera essenza dell’azienda o del prodotto.

Certamente la progettazione del logo deve essere in perfetta sintonia con la scelta del nome e del pay-off, un’operazione altrettanto fondamentale e complessa per la quale solitamente ci affidiamo alla creatività dei nostri copy.

Come si crea il giusto equilibrio tra i diversi elementi?

Non è semplice: bisogna trovare l’armonia perfetta tra arte e tecnica, tra originalità e regole.

Non sempre, infatti, la creatività da sola basta a dare vita a un logo di successo: sono necessarie conoscenze tecniche e tanto studio.

Ad esempio chi fa il grafico non può lavorare senza fare i conti con la psicologia della percezione: la mente umana è meravigliosa e raccoglie segnali e input diversi organizzandoli in gruppi con caratteristiche comuni e interpretandoli come un unico messaggio. Per questo è indispensabile studiare con cura ogni singolo dettaglio affinché il tutto sia coerente e d’impatto.

Vogliamo parlare della psicologia del colore? Anche qui potremmo aprire un lunghissimo capitolo.

Fonte: Visually

Quindi, come si scelgono i colori giusti?

Il colore è una sensazione che viene recepita dal cervello, con effetti sul nostro organismo e sul nostro atteggiamento psicologico.

Ti sei mai domandata come mai i marchi che operano in certi particolari settori abbiano mood cromatici molto simili? Ad esempio l’utilizzo del verde per tutto ciò che è bio, naturale, ecologico; o il blu per il business, la tecnologia, la meccanica.

La scelta dipende dallo stato d’animo che si vuole comunicare. Secondo le teorie di psicologia del colore, dallo “Spirituale nell’arte” di Kandinskij in avanti, il verde richiama una sensazione di pace, crescita, salute; il blu, invece, è il colore della fiducia e per questo piace molto anche alle banche. Ultimamente, però, qualche banca online ha optato per il giallo o per l’arancione. Come mai? Perché il loro target è più giovane e c’è la volontà di far venire meno la percezione della banca come luogo di tristi burocrati, generando, al contrario, un senso di ottimismo (giallo) e confidenza (arancio).

Il colore è un mezzo per influenzare direttamente un’anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. È chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace contatto con l’anima.

Vasilij Kandinskij da “Lo spirituale nell’arte” 1909

E per i font come ci si muove?

Qui la scelta è ancora più complessa. Ci sono i font commerciali, ma per progettare uno stile su misura è indispensabile creare un custom font che, proprio richiamandosi ai principi della psicologia della percezione, sia in grado di comunicare con forza un messaggio.

Ad esempio, quando ho realizzato il logo di Studio Réclame abbiamo pensato a un font che richiamasse la gestualità, l’idea del lavoro fatto a mano, proprio come una volta.

Ecco, raccontaci allora come è nato il logo dell’agenzia.

L’idea di base era quella di richiamare due concetti chiave: manualità e creatività. Siamo partiti dalla volontà di creare un logo che desse l’idea di qualcosa disegnato a mano.

Così ci siamo lasciati ispirare dalle linee curve, dalla pubblicità tradizionale degli anni Cinquanta, quando i manifesti si realizzavano a mano con i Pantoni, dei pennarelli professionali giganti, e abbiamo scelto la scritta Réclame in corsivo, come avrebbero fatto un tempo.

Per il colore, invece, abbiamo scelto il nero perché rappresenta eleganza, uno dei concetti che volevamo trasmettere, e insieme al bianco rende l’idea di essenzialità, linearità e pulizia.

Quali sono gli altri valori alla base del logo di Studio Réclame?

Sicuramente la tradizione. Il saper fare di una volta è indispensabile per affrontare al meglio il mondo digitale. Non si può guardare avanti senza conoscere il passato. Poi c’è l’idea di cura, quella tipica degli artigiani, che permette di realizzare lavori su misura. Basti pensare ai grandi marchi del Made in Italy: il loro successo si basa sulla sartorialità, sulla qualità dei prodotti realizzati dagli artigiani. L’agenzia, e quindi il logo, sono una logica conseguenza di questo nostro pensiero.

Infine c’è anche un po’ di futuro: partire dalla tradizione e dal saper fare per sviluppare le migliori soluzioni per il web e per la comunicazione digital. Non per altro il nostro pay-off è artigiani digitali: perché progettiamo soluzioni innovative con la sapienza, la cura e l’amore degli artigiani di un tempo.

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